Difesa: 16 Paesi membri attivano la clausola di salvaguardia nazionale
Alla scadenza del 30 aprile, data indicata dalla Commissione europea per l'attivazione coordinata delle clausole di salvaguardia nazionali, un gruppo di 16 paesi UE ha scelto di aumentare la spesa pubblica per la difesa sfruttando lo spazio di bilancio aggiuntivo - fino all'1,5% del PIL - autorizzato dal Piano ReArm Europe. L'Italia per ora non ha chiesto di derogare al Patto di Stabilità ed è scettica anche sui prestiti del Fondo SAFE, l'altro strumento basato sul debito nazionale proposto da Bruxelles, che secondo Roma e altri paesi UE deve essere rivisto per diventare più appetibile.
Libro Bianco sulla difesa: dagli acquisti congiunti ai finanziamenti, cosa propone la Commissione UE
Con il White Paper for European Defence Readiness 2030 e il Piano ReArmEurope, la Commissione ha messo sul tavolo cinque opzioni per incrementare la spesa per la difesa: la clausola di salvaguardia nazionale che permette di allentare per quattro anni i vincoli della governance macroeconomica UE relativamente alle sole spese per la difesa e fino all'1,5 del PIL, senza rivedere il funzionamento generale del Patto di stabilità; il Fondo SAFE, uno strumento di prestito da 150 miliardi per acquisti congiunti da parte dei paesi UE; la riprogrammazione dei fondi della Politica di Coesione 2021-2027; l'apertura dei finanziamenti BEI alla difesa; la mobilitazione dei capitali privati.
Attivando le clausole di salvaguardia per incrementare la loro spesa per la difesa fino all'1,5% del PIL ogni anno fino al 2028, i Paesi UE potrebbero arrivare a mobilitare, secondo le stime della Commissione, fino a 650 miliardi di euro nei quattro anni. Bruxelles ha sollecitato i paesi UE ad un'attivazione coordinata della clausola di salvaguardia, indicando ai 27 la data del 30 aprile per l'invio delle richieste. In tutto 16 paesi hanno deciso di imboccare questa strada. Ai primi 12 annunciati dalla Commissione nella giornata del 30 aprile - Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia - si sono aggiunti Bulgaria, Cechia, Croazia e Lituania, come comunicato in serata da una nota del Consiglio. Per tutti resta l'impegno nell'attuazione del quadro di governance economica rivisto anche per tutta la durata dell'attivazione della clausola.
“L'uso della flessibilità – si legge nella nota del Consiglio - faciliterà la transizione verso il necessario aumento della spesa per la difesa a livello nazionale negli Stati membri, garantendo al contempo la sostenibilità del debito. Ciò contribuirà in modo sostanziale a rafforzare la sicurezza dell'Unione europea e la protezione dei nostri cittadini, rafforzando al contempo la sua prontezza di difesa complessiva, riducendo le sue dipendenze strategiche, affrontando le sue carenze di capacità critiche e rafforzando di conseguenza la base tecnologica e industriale della difesa europea in tutta l'Unione”.
Dubbi sul Fondo SAFE
Le richieste dei 16 paesi saranno valutate entro un mese dalla Commissione europea, che resta “aperta a ulteriori richieste”, ha dichiarato il commissario all'Economia e alla Produttività, Valdis Dombrovskis. Nei fatti, però, diversi paesi membri sono scettici rispetto alla prospettiva di un riarmo finanziato quasi esclusivamente con risorse nazionali, a scapito della sostenibilità dei conti pubblici. Analogamente, non convince la prospettiva di fare altro debito per accedere allo strumento di prestito SAFE, di cui la Commissione ha presentato già il regolamento, ricevendo un'accoglienza piuttosto tiepida da parte degli stati membri.
Questa settimana la presidenza del Consiglio ha trasmesso una versione rivista del regolamento, che tuttavia non avrebbe convinto del tutto i rappresentanti permanenti dei 27 riuniti in sede Coreper. Le remore riguarderebbero, oltre al tema della sostenibilità del debito, i criteri di ammissibilità ai finanziamenti, la scarsa attenzione al coinvolgimento delle PMI, l'accesso dei paesi terzi e la condizionalità basata sullo stato di diritto. La proposta di compromesso della presidenza dovrebbe arrivare (dopo un nuovo passaggio al Coreper) sul tavolo dei 27 all'Ecofin del 13 maggio, per poi procedere all'adozione al Consiglio Difesa e Commercio estero in agenda il 20 maggio.
o