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Corte Conti UE: finanziamenti troppo limitati per le ambizioni sui microchip

 

Foto di Valentine Tanasovich da PexelsNonostante il Chips Act abbia dato nuovo impulso al settore europeo dei microchip, secondo la Corte dei Conti europea l’ambizione dell'UE di arrivare a rappresentare il 20% del mercato mondiale dei microchip entro il 2030 appare irrealistico. Alla base un insieme di motivi, inclusi finanziamenti pubblici troppo ridotti.

Cosa prevede il Chips Act?

E’ questa, in breve, la conclusione a cui è giunto l’audit della Corte dei Conti UE che ha analizzato la strategia prevista dal Chips Act per fare dell'Europa un player mondiale nel settore della microelettronica e dei semiconduttori.

Secondo Annemie Turtelboom, il membro della Corte responsabile dell’audit, “l’UE ha bisogno di fare urgentemente il punto della situazione in relazione alla propria strategia per il settore dei microchip”. Un comparto “in rapida evoluzione, con un’intensa concorrenza geopolitica” nel quale “attualmente, l’UE fatica parecchio a tenere il ritmo necessario a realizzare le proprie ambizioni. L’obiettivo del 20% rappresentava sostanzialmente un’aspirazione. Per conseguirlo l’UE avrebbe dovuto all’incirca quadruplicare la propria capacità di produzione entro il 2030 ma, procedendo al ritmo attuale, si è ben lungi da questo scenario. L’Europa deve essere competitiva, e la Commissione europea dovrebbe rivalutare la propria strategia affinché rispecchi la realtà effettiva” sottolineano dalla Corte.

Le fragilità del comparto europeo dei microchips

Alla base delle fragilità dell’Europa nel settore dei microchips vi sono una serie di fattori e strozzature. Tra queste figurano anzitutto la dipendenza dalle importazioni di materie prime, gli elevati costi dell’energia, le preoccupazioni ambientali, le tensioni geopolitiche e i controlli delle esportazioni, nonché una carenza di manodopera qualificata, tutti fattori che frenano le aspirazioni europee. 

Inoltre, il settore dei microchip dell’UE è costituito da poche imprese di grandi dimensioni che si concentrano su progetti di valore elevato, il che conduce a concentrare anche i finanziamenti. La cancellazione, il ritardo o il fallimento di un singolo progetto può quindi avere un impatto significativo sull’intero settore.

Nella corsa mondiale ai microchips l’UE ha poca benzina

A pesare però è anche il tema “risorse”. La strategia del Chips Act prevede “l’iniezione di un minimo di 43 miliardi di euro in investimenti strategici fino al 2030, finanziamento che avrebbe dovuto attrarre un importo commisurato di investimenti privati, il che poteva significare un finanziamento totale atteso degli investimenti di almeno 86 miliardi di euro”, si legge nel dossier.

Secondo la Corte, però, “la potenza di fuoco finanziaria del Chips Act appare modesta” se messa a confronto con i principali produttori mondiali che, nel solo triennio 2020-2023, hanno previsto investimenti per 405 miliardi di euro.

A ciò si aggiunge una fragilità nel coordinamento a livello europeo. Nel complesso, infatti, la Commissione è responsabile (direttamente o tramite la Chips Joint Undertaking) solo di una parte modesta degli 86 miliardi di euro di finanziamenti stimati dal Chip Act, ossia principalmente i fondi del programma Horizon Europe e del programma Digital Europe, per un totale di circa 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% di quegli 86 miliardi previsti.

La restante parte ricade per lo più sotto la responsabilità degli Stati membri e delle imprese private. Nonostante la Commissione sia responsabile dell’approvazione degli investimenti del pilastro II, dunque, Bruxelles non dispone di mandato per coordinare tali investimenti a livello dell’UE affinché questi siano in linea con gli obiettivi del Chips Act.

“Ad esempio - prosegue la relazione - la parte più significativa dei finanziamenti pubblici attesi riguarda l’espansione della capacità di produzione attraverso gli impianti primi nel loro genere. I 21,9 miliardi di euro sono finanziati dagli Stati membri e da investitori privati. Analogamente, anche l’iniziativa per i Progetti di comune interesse europeo (IPCEI) del 2023, che rappresenta 8,1 miliardi di euro di finanziamenti attesi dal Chips Act, dipende anch’essa in ultima analisi dagli investimenti degli Stati membri e del settore privato.

Infine, rimanendo in tema di risorse europee, la Corte sottolinea anche un’altra criticità. Anche se la Commissione finanzia progetti che sono generalmente in linea con le strategie, Bruxelles ha però informazioni incomplete sul loro effettivo contributo. Pertanto, se è vero che i fondi dell’UE gestiti direttamente dalla Commissione avranno probabilmente effetti positivi, essi non sono quantificati.

Le raccomandazioni della Corte

In tale contesto la Corte ha formulato due macro raccomandazioni alla Commissione europea. Da un lato, Bruxelles, entro il 2025, dovrebbe fare urgentemente il punto della situazione sulla strategia e adottare le necessarie misure correttive a breve termine. Un lavoro da svolgere insieme agli Stati membri e all’industria, al fine di stabilire se le ambizioni e i valori-obiettivo del Chips Act restino realistici alla luce delle risorse disponibili per conseguirli, della concorrenza mondiale e di altri fattori cruciali. A quel punto, qualora necessario, la Commissione dovrebbe adottare le opportune misure correttive a breve termine necessarie per contribuire al conseguimento degli obiettivi strategici. Infine, la Corte raccomanda l'introduzione di un monitoraggio sistematico per individuare quanto prima eventuali ostacoli al conseguimento degli obiettivi dell’attuale (e dell’eventuale futura) strategia in materia di microchip, nonché porre in essere meccanismi per adottare tempestivamente misure correttive.

La seconda raccomandazione riguarda invece l'opportunità di iniziare ad elaborare la prossima strategia in materia di semiconduttori. Un risultato che la Corte auspica sia realizzato entro il 2026. Tale strategia dovrebbe ispirarsi ai risultati del riesame di cui sopra, nonché ai successi e ai fallimenti delle strategie precedenti. Ma non solo. Essa, infatti, dovrebbe anche fissare obiettivi chiari, corredati di un termine e realistici, che tengano conto della situazione del settore dei microchip dell’UE, delle esigenze a breve e lungo termine dell’industria europea, della concorrenza mondiale nonché di altri fattori cruciali. Ma anche proporre misure e finanziamenti adeguati (comprese, se del caso, proposte di adeguamento del quadro giuridico), nonché includere un approccio coordinato a livello dell’UE, comprese le interazioni con economie concorrenti su scala mondiale.

Per maggiori informazioni, consulta la relazione della Corte dei Conti europea sui microchip

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