Appalti - Codice in Parlamento, i punti sotto esame
Comincia questa settimana il lavoro delle commissioni parlamentari di Camera e Senato sul Codice appalti.
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L’appuntamento è strategico: si tratta dell’ultima chiamata prima dell’approvazione definitiva del provvedimento e del via libera finale del Consiglio dei ministri, previsto per la metà di aprile. Così, i vari gruppi di pressione stanno sparando le ultime cartucce per provare a ottenere qualche ritocco. Sono soprattutto cinque i capitoli sui quali si stanno concentrando le discussioni di queste ore: subappalti, progettazione, in house e concessioni, poteri dell’Anac, periodo transitorio.
Il calendario delle commissioni è già fissato. L’esame del provvedimento sarà affidato alla commissione Ambiente di Montecitorio e alla Lavori pubblici di Palazzo Madama: dovranno verificare la compatibilità del testo con le indicazioni della legge delega. Per farlo, ascolteranno in audizione il presidente Anac, Raffaele Cantone e il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Il lavoro partirà questa settimana con l’obiettivo di arrivare a un parere condiviso tra i relatori dei due rami del parlamento: Stefano Esposito e Raffaella Mariani. Il testo sarà esaminato anche dalle commissioni Bilancio, per la compatibilità con i conti pubblici, e dalle commissioni Politiche Ue, per la corrispondenza con le tre direttive europee.
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I subappalti
I punti nel mirino, anche se i lavori sono in partenza, sono in larga parte già noti. Il primo è certamente il subappalto. Il nuovo Codice ha eliminato il tetto massimo attualmente fissato al 30%: in questo modo, sarà possibile subappaltare in blocco un’opera. La misura, però, ha scatenato diverse proteste: le piccole imprese rischiano di essere messe all’angolo da quelle più grandi, in grado di aggiudicarsi le gare come contraenti principali. Così, l’ipotesi alla quale si sta lavorando è ripristinare il tetto, magari ritoccandolo.
Le concessioni
Il secondo punto riguarda i lavori in house delle concessionarie autostradali. Al momento, il Codice prevede di elevare dal 60% all’80% la quota di opere che le società devono mandare in gara, nel quadro delle loro concessioni. La norma, però, non piace ai sindacati: il timore è che questa modifica costringa alcune grandi imprese impegnate con i lavori in house a chiudere. Difficile che vengano rivisti i tetti, ma le commissioni potrebbero chiedere qualche ritocco, ad esempio sulla fase transitoria di entrata in vigore del nuovo sistema.
La progettazione
Un altro capitolo sul quale arriveranno parecchie richieste di correzioni riguarda la progettazione. Sono molti i punti che hanno lasciato dubbi sia tra i professionisti che tra le società di ingegneria: l’obbligo di cauzione per partecipare alle gare, l’allargamento del perimetro della trattativa privata fino a 209mila euro, gli scarsi avanzamenti registrati sui concorsi, le norme troppo rigide sull’appalto integrato, la mancanza di un capitolo specifico dedicato ai servizi di progettazione. Tutte carenze che richiederebbero altrettante correzioni da parte del Governo.
I poteri dell'Anac
Ancora, c’è tutta la partita dell’Anac. L’Autorità anticorruzione, con il Codice, incassa una lunga serie di nuovi poteri. A fronte di questi, però, non potranno arrivare altre risorse, perché il provvedimento non potrà gravare in nessun modo sul bilancio dello Stato. Difficile che questa previsione venga rispettata nella pratica, dal momento che alcuni di questi nuovi poteri implicano un impegno importante: è il caso, ad esempio, della maxi banca dati che dovrà concentrare tutti gli archivi della pubblica amministrazione sotto la vigilanza di Raffaele Cantone.
La fase transitoria
Infine, andrà risolto in qualche modo il problema della fase transitoria. Al momento, viene prevista un’entrata in vigore particolarmente brusca: il 18 aprile il nuovo decreto andrà in vigore e finiranno al macero sia il vecchio Codice che il vecchio regolamento. Quest’ultimo dovrà essere sostituito dalle linee guida dell'Autorità anticorruzione, attualmente in fase di scrittura. Se, però, queste non dovessero arrivare in tempo, c’è il pericolo che si crei una fase di buco nella quale il mercato resti senza regole di riferimento certe su alcuni argomenti. I pareri, allora, potrebbero chiedere al Governo di adottare delle contromisure per evitare momenti di disorientamento.