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L’Italia è in ritardo sul PNRR, speso solo il 6% dei fondi europei. Fitto: alcuni progetti irrealizzabili

 

PNRR - Foto di Steve Buissinne da PixabayQuello che fino a pochi giorni fa era un dubbio ora appare come una certezza: la Corte dei Conti certifica che, escludendo le spese collegate a misure preesistenti come i bonus edilizi e gli incentivi 4.0, il livello di spesa dei fondi PNRR è fermo al 6%. Lo ammette apertamente anche il ministro Fitto: “alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati”.

PNRR: slitta di un mese la terza rata da 19 miliardi

Il ritardo accumulato sul raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza non stupisce granché chi ha seguito da vicino i lavori sul Recovery negli ultimi mesi.  

A certificarli è arrivata il 28 marzo la relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza della Corte dei Conti. Che ha fatto emergere un quadro impietoso.

Corte dei Conti: speso solo il 6% dei fondi PNRR

Oltre a tirare le somme degli obiettivi previsti per il secondo semestre 2022 e per i primi sei mesi 2023, la relazione della Corte dei Conti fa luce sull’andamento reale del Piano, anche sul piano finanziario.  

Partiamo dal 2022: “risultano tutti conseguiti i 55 obiettivi del secondo semestre 2022”, si legge nella relazione, In particolare, “38 iniziative hanno esaurito gli obiettivi europei”.  

Ma qui arriva il primo importante distinguo: centrare gli obiettivi europei non significa necessariamente realizzare gli investimenti e le misure previste dal PNRR. Le 38 misure “non possono naturalmente considerarsi ultimate, in quanto le stesse potrebbero necessitare di step realizzativi ulteriori, rispetto agli obiettivi concordati in sede europea”. 

Va peggio guardando al 2023: “nel semestre in corso l’avanzamento del Piano impone ulteriori 27 obiettivi europei, di cui 20 milestone e 7 target quantitativi. Di questi solo un target risulta allo stato come già conseguito”. 

Non si tratta tuttavia di obiettivi particolarmente sfidanti, spiegano i giudici contabili. Sulla base della ricognizione effettuata dalla Corte, il grado di complessità di tali obiettivi è classificato come medio o basso. Quindi perché non si arriva alla fase di messa a terra di tali obiettivi? Risponde sempre la relazione: “I possibili ostacoli alla relativa tempestiva realizzazione sono stati identificati: nelle tempistiche di adozione dei provvedimenti normativi e regolamentari, nella chiusura di eventuali procedure di gara e di aggiudicazione dei contratti, nel rischio di partecipazione ai bandi di un numero di soggetti inferiore al livello atteso, nella rendicontazione dei progetti, nonché in criticità settoriali in particolare nei progetti in materia di idrogeno”. 

Al di là dei target, l’analisi della Corte dei Conti entra nel merito dell’attuazione finanziaria del PNRR, uno dei passaggi più interessanti della relazione.  

“A fronte delle iniziative in corso e in mancanza del dato effettivo relativo alla quota di utilizzo del superbonus a carico del PNRR, la spesa sostenuta dalle Amministrazioni può essere stimata, a fine 2022, in oltre 23 miliardi, circa il 12% delle dimensioni finanziarie complessive del Piano (191,5 miliardi)”. Formalmente l'Italia sarebbe in linea con gli obiettivi di spesa previsti (20,4 miliardi) ma c’è un grosso ma che la relazione mette in evidenza.  

I dati apparentemente incoraggianti sul livello di spesa sono trainati da misure preesistenti, “vale a dire i crediti d'imposta del piano Transizione 4.0 relativi ai beni strumentali innovativi e alle attività di formazione e i bonus edilizi, ovvero il rafforzamento di ecobonus e sismabonus", per in quali "in entrambi i casi si è registrato un livello di spesa molto più elevato di quanto previsto”.

Al netto di queste due voci di spesa, che hanno fatto da traino, la Corte dei Conti restituisce una fotografia impietosa: “il livello di attuazione finanziaria scende al 6%”. 

Insomma, l’Italia si sta muovendo troppo lentamente sul PNRR. Una difficoltà ammessa anche dal ministro responsabile del Piano, Raffaele Fitto.  

Fitto: alcuni interventi da qui a giugno 2026 non possono essere realizzati

I ritardi accertati dalla Corte dei Conti e la concomitante notizia dell’ulteriore rinvio di Bruxelles per il via libera alla terza rata di fondi PNRR da 19 miliardi hanno spinto Raffaele Fitto, ministro responsabile del Piano, a dire chiaramente che qualcosa del PNRR salterà.

“Se noi oggi capiamo, e lo possiamo capire anche da questa relazione, che alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico, è scientifico che sia così, dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa”, ha detto intervenendo all’evento di presentazione della relazione della Corte.

E' la prima volta che un ministro lo dice chiaramente. L'approccio di Fitto, ribadito in più occasioni nelle ultime settimane, non è però quello di una completa cancellazione: il Governo vorrebbe optare per recuperare quei progetti scartati dal PNRR finanziandoli con fondi di Coesione che hanno scadenze più lontane nel tempo.  

Fondi europei, si cambia: le partite incrociate su PNRR, Coesione e aiuti di Stato

Se l’integrazione con i fondi della Politica di Coesione è una questione che non si risolverà nel giro di pochi giorni, c’è un altro dossier legato a filo doppio al PNRR che va chiuso entro un mese: si tratta del REPowerEU, capitolo aggiuntivo al Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicato alla transizione energetica. 

I ritardi accertati dalla Corte dei Conti, il mese in più che Bruxelles si è presa per sborsare la terza rata, le difficoltà nella messa a terra dei progetti e la necessità di chiudere entro un mese l'integrazione del capitolo energia sono stati al centro della riunione della cabina di regia sul PNRR del 28 marzo. In questa occasione Fitto ha invitato tutti i ministri a effettuare “in tempi rapidi un’analisi netta e chiara di tutte le criticità relative ai progetti di competenza di ciascun ministero elaborando delle proposte d’azione concrete”.

Fitto avrebbe chiesto non una radiografia ma “una risonanza magnetica” di tutti i progetti per avere “ragioni forti” da partare sul tavolo dei negoziati a Bruxelles. L’obiettivo - si legge nella nota della cabina di regia - è arrivare ad avere una fotografia chiara e definitiva dello stato di avanzamento dei lavori avendo come obiettivo tutto l’arco del Piano fino al 2026. 

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

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