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Bilancio UE: verso una centralizzazione dei fondi europei per Coesione e PAC

 

Ursula Von der Leyen - Photo credit: Copyright: © European Union 2024 - Source : EPI rumors che da mesi si rincorrono sull'intenzione della Commissione europea di presentare, nel 2025, una proposta di Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2028-2034 che accentri in capo ai governi la gestione delle risorse della Politica di Coesione e della Politica Agricola Comune, attraverso un Piano nazionale unitario, sul modello del PNRR, trova conferma nella lettera di missione del commissario designato al Bilancio, Piotr Serafin. E proprio dalla DG Bilancio della Commissione sarebbe uscito un documento informale che anticipa i punti chiave della proposta. Tra cui anche un Fondo europeo per la competitività e un maggiore ancoraggio alle riforme strutturali.

Clean Industrial Deal e Fondo europeo Competitività: le priorità del von der Leyen bis

Se già nei lavori che hanno preceduto la proposta sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 si era discusso molto di come aumentare il sostegno finanziario per le sfide emergenti dell'Unione, come l'innovazione o la difesa, anche a scapito di politiche tradizionali come PAC e Coesione (uscite in realtà dallo scorso negoziato confermate quali principali voci del bilancio UE), il contesto in cui parte il dibattito sul QFP 2028-2034 appare fortemente mutato. Tutta una serie di eventi - la pandemia, la guerra in Ucraina e poi in Medio Oriente, ma anche l'Inflaction Reduction Act degli Stati Uniti e l'attivismo cinese sulle materie prime critiche - hanno reso drammaticamente più evidenti le debolezze e le dipendenze dell'Unione europea.

Il focus si sta quindi spostando decisamente sui temi della competitività dell'Unione e della capacità finanziaria a sostegno degli investimenti strategici per aumentare la produttività e affrontare la concorrenza globale, posti con urgenza dal rapporto Draghi e in certa misura anche del rapporto Letta sul mercato unico. Molto meno presente nel dibattito pubblico sembra essere l'obiettivo della riduzione dei divari territoriali, proprio mentre l'UE si avvia verso una nuova fase del processo di allargamento. Quanto mai incerto il futuro del Green Deal, al netto della richiesta condivisa di aumentare gli investimenti in tecnologie che, oltre a ridurre le esternalità negative ambientali, permettanno di aumentare la produttività e ridurre i costi per le imprese, che si riflette nella promessa di un Clean Industrial Deal entro i primi 100 giorni di vita della Commissione von der Leyen bis.

E' dentro questo quadro che si può leggere, almeno in parte, il mandato conferito dalla presidente von der Leyen al candidato designato al Bilancio, il polacco Piotr Serafin, cui spetterà la responsabilità della proposta per il Quadro finanziario pluriennale post 2027, attesa entro l'estate del prossimo anno. Nella lettera di missione, von der Leyen chiede infatti a Serafin di “sviluppare un nuovo approccio per un bilancio europeo moderno e rafforzato”, che muova da un budget basato sui programmi ad un budget "policy-based". Un bilancio pluriennale che dovrebbe prevedere:

  • un piano per ogni paese membro, che colleghi riforme chiave e investimenti mirati per coordinare e concentrare gli sforzi verso gli ambiti in cui l'intervento UE è più necessario,
  • un Fondo europeo per la competitività, per assicurare capacità di investimento a supporto di alcuni settori strategici fondamentali, come la ricerca, l'innovazione e gli Ipcei, gli Importanti progetti di comune interesse europeo,
  • un finanziamento rinnovato per l'azione esterna, che renda il sostegno UE verso i partner più forte, mirato e allineato agli interessi strategici dell'Unione,
  • una maggiore attenzione all'impatto dei fondi, per assicurare un uso migliore delle risorse europee,
  • l'introduzione di nuove risorse proprie, per garantire finanziamenti sufficienti e sostenibili alle priorità comuni.

Il confronto su questi temi, si legge sempre nella lettera di missione, dovrebbe iniziare prima dell'adozione della proposta legislativa, che poi sarà oggetto di negoziato tra Parlamento europeo e Consiglio. E in effetti un documento informale con una bozza di proposta starebbe già circolando a Bruxelles e confermando i principali punti elencati nella lettera.

L'obiettivo della Commissione sarebbe quello di concentrare le risorse su una programmazione unitaria in cui convergano tutti i fondi assegnati agli Stati membri (non è chiaro se si tratti solo di fondi in gestione concorrente o anche in parte di risorse oggi gestite direttamente dalla Commissione europea e dalle sue Agenzie). I 27 dovrebbero quindi programmare con un unico Piano, sul modello del PNRR, fondi che intervengono su ambiti e settori diversi, dall'agricoltura, all'energia, ai trasporti. E collegare questi fondi, come già nei PNRR, alla realizzazione di riforme.

Un piano nazionale per Coesione e PAC nel QFP post 2027

Un'innovazione radicale starebbe quindi per rivoluzionare programmazione e gestione dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE). Se infatti l'idea di un Fondo europeo per la competitività era già stata anticipata dalla stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen nei suoi orientamenti politici per il nuovo mandato, l'idea di raccogliere i fondi europei assegnati agli Stati membri in unico Piano nazionale e il maggior legame tra accesso ai fondi e riforme cambierebbero del tutto l'assetto dei fondi in gestione concorrente, soprattutto per la Politica di Coesione.

Nel caso della Politica agricola comune, infatti, un primo passo in questa direzione è già stato compiuto con il Piano strategico nazionale nell'ambito della PAC 2023-2027, anche se in Italia le competenze costituzionalmente assegnate alle regioni in materia di agricoltura hanno imposto di preservare una certà titolarità dei territori sui fondi per lo sviluppo rurale. Il PSP Italia 2023-27 programma infatti attraverso un unico documento strategico i fondi del primo e del secondo pilastro della PAC, ma nei fatti il Ministero dell'Agricoltura continua a dettare le regole per pagamenti diretti, interventi settoriali e strumenti di gestione del rischio, mentre gli interventi di sviluppo rurale, pur dentro una cornice più omogenea rispetto al passato, continuano ad essere adattati alle esigenze dei territori attraverso le scelte operate nei Complementi regionali al Piano strategico nazionale (CSR).

Con il PSP l'Italia è infatti passata dalle oltre 1000 azioni dei PSR 2014-2022 a 76 interventi (di cui 4 a regia nazionale relativi alla gestione del rischio), cui si aggiungono alcuni interventi collegati ad impegni della precedente programmazione. Va segnalato però che, attraverso i CSR, le Regioni continuano a poter esprimere le proprie scelte strategiche, individuando gli interventi da attivare e la relativa articolazione finanziaria.

Per approfondire: PAC 2023-27: cosa finanziano i fondi europei per lo sviluppo rurale

Ben più radicale il cambiamento che si prospetta nello scenario ipotizzato, soprattutto per i fondi europei della Politica di Coesione, per i quali l'Accordo di Partenariato 2021-2027 prevede una chiara ripartizione delle risorse tra centro e periferia, con i Ministeri che gestiscono circa un terzo dei fondi, attraverso i Programmi nazionali, e le regioni protagoniste della programmazione e gestione della quota più rilevante, i restanti due terzi, attraverso i Programmi regionali FESR e FSE+ (o PR plurifondo FESR FSE+).

A ben vedere non si tratterebbe però solo di un passaggio di testimone che sposterebbe le responsabilità in materia di programmazione e gestione dei fondi al livello centrale, con la perdita di autonomia che ne conseguirebbe per le regioni, non a caso sul piede di guerra per difendere i principi chiave della Coesione - governance multilivello, approccio place-based e principio di partenariato - da una riforma che a loro avviso ne snatura il dna.

Se le riforme funzionassero come condizionalità per l'accesso ai fondi, l'erogazione potrebbe anche risentire di criticità attuative a livello nazionale. La paralisi di una riforma, un decreto bloccato in un Ministero, un ritardo in Parlamento, un cambio di Governo, cioé tutta una serie di variabili politiche e amministrative al livello centrale, potrebbero potenzialmente rallentare o bloccare l'arrivo delle risorse sui territori. E le comunità locali nelle aree meno sviluppate, interne e rurali, potrebbero essere penalizzate dai problemi e dai ritardi della politica nazionale.

Per approfondire: Recovery e Politica di Coesione: ispirazione o sostituzione per il post 2027?

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