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Europrogettisti esclusi da Erasmus+ 2026. Intervista al presidente Assoeuro Fabrizio Canetto

 

Fonte: LinkedIn Assoeuro - Fabrizio CanettoLe nuove linee guida di Erasmus+ 2026, che scoraggiano il ricorso a consulenti esterni, preoccupano i professionisti dell'europrogettazione. Il rischio, secondo il presidente ASSOEURO Fabrizio Canetto, è compromettere equità e trasparenza, penalizzare scuole e piccoli enti e ridurre l’accessibilità ai fondi europei del programma Erasmus Plus.

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Nella guida al programma Erasmus+ 2026, in particolare nella sezione dedicata a contenuti originali e diritto d'autore, la Commissione europea sconsiglia vivamente ai richiedenti di affidarsi a soggetti o persone esterne per la stesura della domanda. 

Abbiamo chiesto un parere sulle implicazioni di questa norma a Fabrizio Canetto, presidente nazionale di ASSOEURO, l'associazione che rappresenta i professionisti della progettazione europea.

Come valuta ASSOEURO l’introduzione di linee guida che scoraggiano il ricorso a consulenti esterni? 

Le nuove linee guida 2026 destano, a mio avviso, una forte e motivata preoccupazione. La formulazione che scoraggia il ricorso a consulenti esterni non solo appare impropria e irrealistica, ma rischia di compromettere principi fondamentali come equità, trasparenza e legittimità amministrativa.

Anzitutto, vi è un problema evidente di autonomia organizzativa degli enti: un programma pubblico non può suggerire, nemmeno implicitamente, come un’organizzazione debba strutturare il proprio lavoro interno, né può escludere a priori l’apporto professionale di consulenti.

Inoltre, l’idea che ogni ente debba possedere al proprio interno competenze altamente specialistiche finisce per favorire strutture già grandi e consolidate, penalizzando invece scuole, piccole associazioni, comuni e ONG locali.

C’è poi il tema della qualità progettuale. Escludere o scoraggiare professionisti con esperienza specifica rischia di portare a proposte meno solide, meno innovative e più uniformi.

A questo si aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione: questi stessi principi, applicati in modo rigido, sono già stati tra i principali fattori che hanno penalizzato i piccoli enti e le piccole amministrazioni durante l’esperienza del PNRR. Riproporre oggi dinamiche simili rischia di generare gli stessi squilibri e le stesse esclusioni.

Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda il rischio che una gestione rigidamente interna dei progetti apra la porta a un ricorso spropositato e incontrollato all’intelligenza artificiale come surrogato degli europrogettisti. Se gli enti non potranno affidarsi a professionisti qualificati, molti si troveranno costretti a delegare la scrittura delle proposte a strumenti automatizzati, con evidenti rischi di omologazione, superficialità e scarsa aderenza ai reali bisogni dei territori.

Infine, il criterio dell'"originalità assoluta" appare non solo arbitrario, ma anche difficilmente verificabile. In molti casi, le buone pratiche funzionano proprio perché sono replicabili e adattabili a contesti diversi. Penalizzare la replicabilità significa, paradossalmente, penalizzare l’efficacia.

Per tutte queste ragioni ritengo che l’attuale formulazione delle linee guida debba essere rivista in modo approfondito, affinché il programma rimanga realmente inclusivo, equo e orientato alla qualità.

Avete una stima di quanti progetti Erasmus+ in Italia, in media, si affidano a supporto esterno? Qual è il potenziale danno economico/occupazionale se la disposizione venisse applicata rigidamente?

Nel programma Erasmus+ non esistono dati ufficiali che dicano quanti progetti vengano scritti con il supporto di consulenti esterni. Per questo, quando si analizza il mercato della consulenza legata alla progettazione europea, è necessario partire dai dati certi sui progetti approvati e applicare ipotesi prudenziali ma ragionate.

Se guardiamo ai numeri del 2024, vediamo un quadro particolarmente dinamico. Secondo INDIRE, in Italia l’anno scorso Erasmus+ ha coinvolto circa 76.500 partecipanti e ha mosso un budget complessivo di oltre 240 milioni di euro. Solo nel settore scuola sono stati finanziati più di 1.300 progetti di mobilità, mentre nel campo della cooperazione educativa sono stati approvati 51 progetti KA2. Nel settore università / istruzione superiore il 2024 ha visto un budget per la mobilità universitaria di 131,2 milioni di euro, con 36.082 mobilità finanziate (studenti, docenti, personale) fra circa 299 istituzioni coinvolte. In aggiunta, sono stati finanziati 24 progetti di cooperazione internazionale per l’istruzione superiore, con un budget complessivo di circa 8,1 milioni di euro.

Se consideriamo uno scenario probabilistico, cioè uno scenario in cui il ricorso a consulenti è più frequente, possiamo ipotizzare che:

  • per i progetti KA2, i più complessi e articolati, tra il 50% e il 70% delle candidature possa essere stato preparato con il supporto di europrogettisti esterni;
  • nei KA1, soprattutto nel settore scuola e in parte nell’università e nell’educazione degli adulti, il ricorso a consulenti possa collocarsi tra il 15% e il 30%.

Applicando queste percentuali ai dati disponibili per il 2024, otteniamo una stima che va da circa 240 a 570 progetti che, in Italia, potrebbero aver coinvolto consulenti esterni nelle fasi di scrittura e preparazione.

Si tratta di una cifra significativa, che conferma la presenza di un mercato vivo e diffuso, soprattutto nei contesti più piccoli o meno strutturati, dove il personale interno difficilmente può dedicarsi stabilmente alla progettazione europea.

Sul piano economico, sul mercato italiano le tariffe variano molto: da poche centinaia di euro per micro-supporti a oltre 10.000 euro per partenariati complessi. Se consideriamo un costo medio di consulenza tra 2.500 e 6.000 euro per candidatura, lo scenario di previsione ci porta a un volume potenziale di mercato che può superare i 3 milioni di euro all’anno.

Sono numeri che danno la misura dell’impatto di questo settore: una parte consistente della progettazione Erasmus+ passa, direttamente o indirettamente, attraverso il lavoro di freelance, microimprese e piccoli studi specializzati. Ridurre o scoraggiare l’uso di competenze esterne significherebbe mettere in difficoltà decine, forse centinaia di professionisti che, negli anni, hanno contribuito in modo concreto alla partecipazione italiana al programma.

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Quali sono le azioni concrete che la Commissione europea dovrebbe intraprendere per rivedere/mitigare la disposizione e tutelare la professione?

In qualità di Presidente Nazionale di ASSOEURO ritengo indispensabile che la Commissione europea intervenga con urgenza per rivedere e mitigare alcune recenti disposizioni contenute nella Guida, adottando misure concrete che tutelino la qualità dell’europrogettazione, garantiscano condizioni di mercato eque e preservino il contributo essenziale che i professionisti del settore offrono agli enti beneficiari dei programmi europei. Le attuali formulazioni, soprattutto quelle relative all'esternalizzazione di servizi specialistici e al ruolo dei consulenti, rischiano infatti di generare ambiguità interpretative, ampie discrezionalità nelle valutazioni e un impatto particolarmente negativo sui piccoli enti che si affidano ai professionisti esterni per accedere alle opportunità di finanziamento europeo.

Per questo chiediamo con forza che la Commissione proceda a una revisione puntuale della Guida, chiarendo esplicitamente che la redazione delle proposte progettuali può essere affidata a consulenti esterni senza che ciò venga automaticamente considerato una sorta di subappalto non ammesso, purché siano garantite trasparenza, assenza di conflitti di interesse e proporzionalità dei costi. Sebbene la Guida preveda già criteri generali sui costi ammissibili, una rimodulazione specifica è indispensabile, soprattutto in programmi come Erasmus+, dove l’attuale incertezza rischia di tradursi in un blocco di fatto delle consulenze professionali.

Allo stesso modo, se l’originalità viene riconosciuta come un elemento di valutazione, è fondamentale che la Commissione definisca parametri oggettivi e fornisca esempi concreti che aiutino valutatori e Agenzie nazionali a distinguere tra replicabilità legittima di buone pratiche e innovazione sostanziale, evitando disparità di interpretazione tra gli Stati membri. È inoltre necessario stabilire regole chiare e meno generiche che definiscano quando il ricorso a consulenti esterni è ammissibile, prevedendo contratti scritti, descrizione del valore aggiunto, giustificazione dei costi, procedure di procurement proporzionate e obbligo di dichiarare in modo trasparente il ruolo del consulente.

ASSOEURO chiede inoltre che, prima dell’introduzione di nuove formulazioni che incidono sul mercato professionale europeo, la Commissione avvii una consultazione formale con le associazioni di categoria riconosciute e accreditate (vedi ASSOEURO) gli stakeholder del settore e gli organismi rappresentativi dei beneficiari, così da migliorarne la qualità normativa ed evitare distorsioni interpretative. È altrettanto importante che vengano pubblicate linee guida operative e documenti di Q&A destinati ai valutatori e alle Agenzie nazionali, in grado di fornire esempi pratici su quando un costo di consulenza è eleggibile, come distinguere un outsourcing legittimo da un conflitto di interesse e come verificare la coerenza tra costi, ruoli e responsabilità.

Nel caso in cui vengano introdotte nuove restrizioni, riteniamo indispensabile prevedere misure transitorie e di accompagnamento, tra cui un periodo di 1–2 anni e un supporto interpretativo guidato dalle Agenzie nazionali, affinché i beneficiari possano adattarsi senza subire ripercussioni improvvise e senza creare disparità tra Paesi. A ciò dovrebbe aggiungersi un rafforzamento della capacità interna degli enti più piccoli attraverso voucher formativi, percorsi dedicati e strumenti di supporto alla progettazione, così da evitare che le nuove regole finiscano per penalizzare proprio i soggetti più fragili. 

Come trasformare la critica in una proposta costruttiva? Quali sono le misure che ASSOEURO potrebbe proporre per valorizzare il ruolo degli europrogettisti (post-2027)?

La capacità di un europrogettista si misura anche dalla modalità con cui trasforma un problema in una soluzione, un limite in un’opportunità, un’equivocità normativa in un’occasione di rafforzamento dell’intero sistema. È con questo spirito costruttivo che ASSOEURO intende intervenire nel dibattito nato dalle recenti formulazioni regolamentari e dalle prospettive dei programmi post-2027.

Riteniamo necessario avviare un percorso che valorizzi la qualità del lavoro svolto dagli europrogettisti e che, allo stesso tempo, garantisca agli enti beneficiari strumenti di selezione chiari e affidabili. Pensiamo, ad esempio, alla definizione di un codice specifico di condotta europeo improntato a trasparenza ed etica, accompagnato da un registro verificato dei consulenti qualificati: non un meccanismo di esclusione, ma un supporto per chi cerca figure competenti e vuole operare in modo responsabile.

Allo stesso modo riteniamo fondamentale che la professionalità degli europrogettisti venga riconosciuta attraverso una certificazione delle competenze valida a livello nazionale ed europeo. Una certificazione fondata su criteri oggettivi — formazione verificata, esperienza documentata e valutazione delle competenze — rappresenterebbe uno strumento essenziale per tutelare i beneficiari e valorizzare i professionisti realmente competenti.

Serve poi maggiore chiarezza sulle condizioni in cui è possibile ricorrere a servizi esterni. Ambiguità, zone grigie e formulazioni non uniformi rischiano di mettere gli enti in una condizione di incertezza costante. ASSOEURO è pronta a collaborare con la Commissione e le Agenzie di riferimento per definire modelli di contratto, clausole standard e criteri trasparenti che consentano un utilizzo legittimo, misurato e tracciabile della consulenza, con tutte le garanzie necessarie in termini di conflitti di interesse e responsabilità. 

Accanto a queste misure, riteniamo importante introdurre strumenti di supporto che permettano davvero a tutti di partecipare ai bandi europei. Ad esempio, un marketplace europeo - ramificato negli Stati membri, di micro-supporto, con servizi di revisione, controllo qualità e verifica di conformità a costi trasparenti e standardizzati - ma anche l’attivazione di voucher e percorsi di capacity building destinati alle realtà più piccole.

È altrettanto importante che i professionisti del settore vengano coinvolti nei processi di revisione delle Guide ai Programmi e dei criteri di valutazione. Infine, riteniamo necessario introdurre un meccanismo di monitoraggio dell’impatto normativo. Valutare ogni anno questi impatti permetterebbe di intervenire tempestivamente, correggere storture e garantire un equilibrio che oggi non è affatto scontato.

Desidero sottolineare con particolare forza un punto che rappresenta il cuore della nostra posizione: la piena ammissibilità delle spese per gli europrogettisti nei futuri programmi europei e nazionali. Si tratta di un riconoscimento non solo del valore professionale, ma della necessità di garantire pari opportunità di accesso ai fondi. Se vogliamo davvero ampliare la partecipazione, dobbiamo prevedere risorse dedicate ai costi di progettazione e accompagnamento, sotto forma di voucher, micro-contributi o rimborsi forfettari. È un investimento minimo rispetto ai benefici che può generare.

Le formulazioni introdotte nel 2026 e le prospettive del ciclo post-2027 richiedono chiarimenti, un confronto aperto e una revisione che metta al centro trasparenza, professionalità e inclusione. Le nostre proposte non vogliono creare nuovi vincoli, ma portare ordine, qualità e responsabilità in un settore che ha un impatto cruciale sulla crescita sociale, educativa ed economica del Paese.

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